Avevo molto più coraggio allora di ora. Coraggio di camminare e di sparare, a salve. Non sapevo come si scriveva un articolo, credevo di sapere come si costruisce una città. Confondevo le cartine con i piani regolatori. Tutti hanno un libro preferito, io da giovane non riuscivo a leggere romanzi. Perché ero un narratore e non sopportavo che qualcuno narrasse a me. Le mie letture erano gli sfondi per le mie future storie, la musica che ascoltavo era la colonna sonora. Bologna nel 2000 era ancora una ragazza di campagna, che somigliava a sua madre. Io ho raccontato il suo ballo delle debuttanti. Ora è tutta città, la città è vecchia, senza nostalgia di quando era ragazza, di quando era, forse, bella.
da “Il Domani”, giovedì 28 dicembre 2000
Viaggio tra i misteri dei tracciati della periferia dove si nascondono nomadi, clandestini e graffitisti
Queste le strade che non esistono
“Dalla sinistra di via di Casaglia, oltre il bivio con via Monte Albano per San Luca, passa davanti alla chiesa di Casaglia e si perde in collina”. Questa è la poetica descrizione di via della Cavriola, una strada collinare fuori cartina, fornita da Tutto Città 2001. Ma la pubblicazione delle Pagine Gialle non è sempre così precisa: ci sono strade che esistono, ma non sono riportate nella carta, o lo sono con notevole ritardo, altre invece non esistono da tempo ma la cartina continua da anni a riportarle. I Prati di Caprara, per esempio, furono teatro delle più antiche e nobili gesta calcistiche della città; oggi, lungo la via omonima, sono scomparsi i containers, ma è nato un enorme cantiere per la grande viabilità tra l’Ospedale e la via del Lazzaretto. Percorrendo fra le scavatrici una strada che non compare in Tutto Città (forse in quanto provvisoria), ma che modificherà per molto tempo la viabilità della zona, si giunge alle case di via Burgatti, costruite per gli sfollati di Pola, su di un terreno delle Ferrovie dello Stato, che a lungo la cartina ha ignorato. In questi lotti, a metà strada tra le favelas e le villette a schiera, abitano ex dipendenti delle ferrovie che hanno lavorato con l’amianto per anni ed ora vivono senza gas e strade asfaltate. Anni or sono famiglie di immigrati offrivano a tutto il vicinato carne ai ferri durante feste danzanti; loro non si meravigliano di dover cucinare al gasolio o di aprire le finestre al mattino e guardare dentro ad un vecchio treno portato nella notte. Un tempo tra via Malvasia e i Prati di Caprara vi era via del Chiù. Ora, nonostante la cartina dica il contrario, è divenuta una mulattiera che si inoltra tra i percorsi di guerra della caserma, una vecchia ferrovia abbandonata, un canale di scolo del Navile e lo scalo ferroviario. I suoi frequentatori sono graffitisti e tossicodipendenti, che si incrociano soprattutto nella notte. Secoli fa le sponde del Navile ospitavano laboratori tessili e fornaci che producevano il famoso mattone rosso bolognese; oggi sono luoghi malsani, dove la città nasconde i suoi clandestini. Via Gobetti, dalla chiusura della fabbrica Santa Rosa, non è più la stessa, e gli abitanti, dall’eccidio di due Sinti ad opera della Uno Bianca, nemmeno. In questa via ha sede il CNR, ma la strada per raggiungerlo non è segnata da Tutto Città. Un bivio a sinistra porta alla vecchia fornace del Battiferro e agli orti dei pensionati sul terreno demaniale, dai quali si gode la vista delle chiuse leonardesche sul Navile e dell’ex fornace Galotti, ove ora sorge il Museo del Patrimonio Industriale. Da lì si giunge su di un ponte, da tempo interrotto perché pericolante, secondo la cartina, in effetti percorribile. C’è un mistero legato a via della Croce Coperta e via della Dozza, strade che portano i nomi di due zone tra le più popolari della città: a quanto rileva la cartina le due vie terminano a ridosso dell’autostrada Bologna-Padova e, magicamente, si congiungono. In realtà via della Croce Coperta termina con una distesa di rifiuti e con una recinzione in parte divelta che permette di raggiungere a piedi l’autostrada. In via della Dozza, invece, si trova un accesso cittadino al casello Arcoveggio. L’urbanistica e la toponomastica ove sorge il CAAB sono state stravolte: solitari viottoli campestri che si perdevano verso Granarolo e Villanova sono diventati vere e proprie highways extraurbane sempre deserte. Dove sono finite via Santa Caterina di Quarto, via Fiorini e parte di via Bassa dei Sassi? Dove sono sulla cartina le nuove vie Carnacini, Martinetti, Fantoni, Canali, Fanin e la Rotonda Torri? Ai margini della vecchia via Santa Caterina di Quarto, ormai abbandonata, dove ai vecchi tempi si correvano spericolate gare clandestine sostano spesso auto “misteriose”. La nuova viabilità, per ora, ha favorito più i piloti e gli scommettitori notturni, piuttosto che gli operatori del centro agro-alimentare. Ancora nei pressi del nuovo mercato orto-frutticolo, Tutto Città segnala, all’altezza del Condominio “I Pioppi”, la prosecuzione di via Larga, chiusa in realtà da tempo per lavori, e divenuta un viottolo medievale. La romantica via degli Olmi, che si raggiunge costeggiando lo scalo merci San Donato e proseguendo per la vecchia Bassa dei Sassi (ora via Fantoni), non è più la stessa di dieci anni fa. Ora è totalmente sterrata e, da tempo, ai bordi della strada, c’è una vecchia auto bruciata. Ci si trova nei pressi di via Crocione, in una parte di città divisa in zone dallo scalo merci delle ferrovie: Posto A, Posto B, Smistamento, tra il campo nomadi di Santa Caterina (tristemente noto per il raid incendiario), le Roveri e il Pilastro, esempio di cattiva urbanistica noto in tutta Europa e, soprattutto, teatro della strage dei tre Carabinieri ad opera dei fratelli Savi. Sorprende che, anche nelle altre zone che per le cartine “non esistono”, vi siano in realtà campi nomadi, scali dove la notte non dormono certo solo ferrovieri, e faraoniche architetture (Maggiore, CNR, CAAB).